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Pio VII, papa.

Al secolo Barnaba Gregorio Chiaramonti. Pontefice dal marzo 1800 al 1823. Monaco benedettino, dal 1775 fu abate di San Callisto a Roma; nel 1782 fu nominato vescovo di Tivoli e nel 1785 di Imola; nel medesimo anno gli fu conferita la dignità cardinalizia. Le sue doti di mediatore lo segnalarono per l'investitura papale al termine di un difficile conclave che, dopo la morte di Pio VI nel 1799, aveva potuto riunirsi solo tre mesi più tardi e solo a Venezia. Come suo segretario di Stato P. nominò il cardinal Consalvi, con il cui aiuto cominciò a riorganizzare l'amministrazione statale quando le truppe francesi lasciarono Roma e si poté ristabilirvi la sede pontificia. Dopo la pace di Lunéville del 1801, che restaurò le condizioni anteriori al Trattato di Tolentino, P. accettò di stipulare un concordato con Napoleone, che fu sottoscritto nel luglio 1801. Esso garantiva in Francia la libertà di culto, subordinandola alle sole esigenze di ordine pubblico, riconosceva il Cattolicesimo come "la religione della maggioranza dei Francesi" e impegnava lo Stato a pagare uno stipendio al clero, ottenendo in cambio il riconoscimento delle confische dei beni ecclesiastici effettuate durante la Rivoluzione. Tuttavia la promulgazione dei 77 Articoli organici del culto cattolico, aggiunti unilateralmente da Napoleone e profondamente snaturanti il senso del concordato, ripropose gravi tensioni tra P. e Napoleone. Tali dissensi si acuirono nel biennio 1806-08, nonostante la partecipazione del papa all'incoronazione imperiale nel 1804, quando in realtà l'imperatore lo trattò con estrema e voluta scortesia (celebre l'atto con il quale Napoleone strappò di mano la corona al pontefice per posarla da sé sulla propria testa). Il limite della rottura fu raggiunto con l'imposizione da parte napoleonica di una sorta di ultimatum, riguardante questioni come il potere di nomina imperiale di un terzo dei cardinali; l'accettazione pontificia degli articoli organici del culto; l'abolizione del celibato ecclesiastico e degli ordini religiosi. Al rifiuto papale seguì la sottrazione allo Stato pontificio di Benevento e Pontecorvo, che Napoleone diede in ducato a Talleyrand e Bernadotte, l'allontanamento del cardinale Consalvi (grande artefice della politica estera di P.) e, nel 1808, una nuova occupazione di Roma, mentre Ancona, Urbino, Macerata e Camerino, con le rispettive legazioni, venivano incorporate alla giacobina Repubblica italiana. Il potere temporale del papa fu salvo solo fino al 1809, quando P. emanò una bolla di scomunica per chi usasse violenza alla Santa Sede e Napoleone rispose con l'arresto del papa e di molti cardinali. La sua prigionia, per tre anni a Savona e poi a Fontainebleau, suscitò grande simpatia in tutta Europa per P., visto come una sorta di coraggioso resistente alla tirannide napoleonica. Il disastro della campagna di Russia consentì a P. di rientrare a Roma nel 1814, e di essere reintegrato nelle prerogative di sovrano temporale dal Congresso di Vienna. Richiamò come suo segretario il cardinale Consalvi e, con un motu proprio del 1816, abolì i diritti feudali nei territori pontifici; ne rinnovò l'amministrazione (escludendo i laici dalle cariche governative) unificandola secondo il modello centralista napoleonico; proibì la massoneria e le società segrete. Seguì una politica interna di impronta liberale e una politica estera tesa alla stipulazione di numerosi concordati: con la Spagna, il Regno di Sardegna, la Baviera, il Regno di Napoli, la Russia. Inoltre ricostituì la Compagnia di Gesù, tramite la quale ridiede impulso alle missioni in America del Sud, in Medio e in Estremo Oriente: tratto questo tra i più significativi nella fisionomia della Chiesa nel periodo della Restaurazione. Gli successe Leone XIII (Cesena 1740 - Roma 1823).